Guerra di caposaldo sulla Linea Z
L’arrivo del nuovo anno 1942 vide la Pasubio schierata sulle posizioni della Linea Z ed i soldati ripresero la loro normale vita che la sosta, a volte tediosa, richiedeva.
Nella consapevolezza di avere di fronte un nemico deciso, combattivo ed abituato ad affrontare simili temperature, si continuò a rafforzare i capisaldi, a scavare trincee su un terreno duro, ghiacciato, sul quale il piccone rimbalzava senza intaccarlo se non leggermente. Si andò avanti tra i disagi e le privazioni di sempre, mugugnando per le difficoltà, specie quelle riguardanti i rifornimenti dall’Italia e dai depositi dislocati nelle retrovie del fronte.
Intanati nelle case e nei ricoveri i soldati della Pasubio attendevano l’evolversi degli eventi. Solamente le vedette, con turni molto ridotti a causa della rigidissima temperatura, erano obbligate a vivere all’aperto, con la morte sempre in agguato, così come gli uomini in servizio di pattuglia. Questi erano costretti a muoversi su un terreno infido, nella terra di nessuno, con la possibilità di scontrarsi con reparti russi intenti a svolgere lo stesso servizio. Le azioni di pattugliamento, come scrive il S.Ten. Baboni nelle sue lettere dal fronte, duravano ore e ore di marce con l’immancabile rientro di uomini dai piedi congelati.
Non mancarono le parole, sempre fraternamente ben accolte, del Gen. Giovanelli, il Comandante della Pasubio, rivolte ai soldati per metterli al corrente delle intenzioni del nemico e di come, di conseguenza, affrontarle. Nelle zone di svernamento furono organizzati interventi accurati delle artiglierie dell’8°, a favore dei capisaldi. Dopo dieci mesi di campagna le truppe della Pasubio affrontavano la guerra di posizione già logorati, in linea ininterrottamente, senza turni, senza avvicendamenti, senza licenze.
Nel frattempo i russi, approfittando anche delle condizioni atmosferiche spesso proibitive, scatenavano una serie di attacchi contro le postazioni italiane.
In febbraio, mentre nel settore della Pasubio si dava vita ad una riorganizzazione della difesa scaglionando in profondità i vari capisaldi e provvedendo alla loro protezione mediante la posa di campi minati, arrivarono dall’Italia i primi complementi. All’80° giunsero 23 ufficiali e 931 militari di truppa. Ciò rese possibile inviare in licenza sul treno che tornava in Italia un primo scaglione di militari (ufficiali e truppa) scelti tra coloro che si trovavano in condizioni particolarmente disagiate.
Il 2 marzo arrivò, assegnata alla Pasubio, una compagnia di alpini del Btg. Monte Cervino e si dislocò a Rykovo. Il suo contributo fu veramente prezioso e si estrinsecò, soprattutto, attraverso azioni di pattugliamento e di esplorazione. Erano gli alpini che andavano a vedere "il nemico correndo sugli sci nella mimetica tuta bianca".
Il 5 marzo il Ten. Col. (in promozione) Casassa assumeva il comando dell’80° fino ad allora retto dal Ten. Col. Chiari. Il giorno 12, in occasione della festa del 79° Rgt. alla presenza del Gen. Giovanelli e della bandiera di guerra, il Col. Blasioli procedeva alla consegna di decorazioni ai soldati meritevoli.
Ormai il primo duro inverno di guerra sul fronte russo sembrava superato, la temperatura cominciava ad alzarsi, la neve mostrava i primi segni di scioglimento, all’aperto ormai si vedevano soldati seduti, scaldarsi al sole.
Il 9 luglio 1942 la Pasubio, come tutto il C.S.I.R., divenne XXXV Corpo d’Armata ed entrò a far parte dell’8ª Armata Italiana (Arm.I.R.).
(testi da A. Rati “LA FULGIDA EPOPEA DELLA DIVISIONE PASUBIO”, Ed. Sometti, Mantova, 2012)