Le operazioni di Gorlovka – Nikitovka
Era il 1° novembre il giorno in cui il 3° bersaglieri, attraversando una zona che i russi ritenevano intransitabile, sorprendeva il nemico e si portava rapidamente su Rykovo conquistandola con un’azione di sorpresa. Sul fianco destro (meridionale) della Celere agiva la Divisione Torino che, dopo una estenuante marcia a piedi di oltre 700 km, raggiungeva Krynka. La Pasubio mosse per andare ad occupare Gorlovka, città di circa 110.000 abitanti ad una decina di km da Šelesnoe, dalle alte piramidi di detriti minerari e dalle snelle ciminiere. Dopo circa due ore di marcia i fanti cozzavano contro i russi ben annidati nei sobborghi della città, appoggiati dal fuoco di non pochi mortai di grosso calibro e protetti da consistenti lavori campali. Su di loro si precipitarono i reparti del Col. Chiaramonti, travolgendoli e buttandoli oltre l’abitato: così Gorlovka cadde nelle mani degli italiani. Lo scontro, non eccessivamente impegnativo, si esaurì al calare delle prime ombre della sera e fu completato il giorno seguente attraverso l’operazione messa in atto dal I e III battaglione dell’80° e dal I e III del 79°, alla presenza dei Comandanti dei due reggimenti, i Col. Chiaramonti e Blasioli. L’occupazione di Gorlovka costò alla Pasubio la perdita del Ten. Aldo Fraccardo, Comandante della 10a compagnia del 79° e di 17 soldati. Rimasero invece feriti due ufficiali e ben 106 militari di truppa.
Alcuni giorni dopo l’occupazione di Gorlovka il Gen. Giovanelli faceva pervenire al Gen. Messe queste brevi considerazioni: <<Il morale delle truppe, nonostante prolungati disagi e privazioni di ogni genere, è elevato. Numerosi cruenti combattimenti, incessanti e faticose marce forzate compiute in pessime condizioni di clima, di viabilità e di alimentazione, in mancanza assoluta di riposo, in presenza di notti passate all’addiaccio con rigide temperature, sotto intemperie, senza indumenti invernali e con calzature in uno stato deplorevole dalle conseguenti cattive condizioni sanitarie e igieniche, hanno indubbiamente e notoriamente inciso sullo stato fisico generale dei miei bravi e valorosi soldati. Ritengo indispensabile periodo sosta per evitare che situazione già grave per il ritardo dei rifornimenti aumenti coll’aumentare delle distanze, per riunire e riordinare tutti elementi Divisione scaglionati su grande profondità e per procedere prelevamento e distribuzione indumenti invernali e riparazioni automezzi ancora recuperabili. Eventuali operazioni nell’ambiente attuale invernale sono possibili solo se assicurati in modo regolare e con adeguati mezzi i rifornimenti tutti. L’inverno può essere affrontato solo con mezzi adeguati. Il morale non cede, ma il fisico ha le sue leggi che non si possono impunemente violare>>.
Quello di concedere alle truppe del C.S.I.R. un meritato riposo era anche il pensiero del Gen. Messe ma non del Comandante della 1a Armata corazzata tedesca che, invece, voleva ad ogni costo sfruttare al massimo il successo, senza concedere alcuna tregua all’avversario. Fu in base a questa intenzione tedesca che la Pasubio si vide assegnato il compito di procedere alla immediata occupazione dell’importante nodo Trudavjca-Nikitovka, un compito di particolare peculiarità poiché in questo luogo avrebbe dovuto effettuarsi il ricongiungimento del C.S.I.R. con la XVII Armata tedesca, che il Gen. Giovanelli assegnò all’80° fanteria.
Il reggimento incominciò a muovere da Gorlovka la mattina del 4 novembre e, giunto alle prime case di Nikitovka, cozzò contro i russi trincerati in buche. I fanti reagirono a tale resistenza e riuscirono a costringere i russi alla ritirata. La mattina seguente toccò agli altri battaglioni dell’80° subire un poderoso urto di reparti sovietici, che riuscirono a respingere. Ma gli attacchi nemici continuavano senza sosta e con sempre maggiore violenza, sia di giorno che di notte, con l’appoggio di numerose artiglierie schierate a tergo del grosso della Divisione, una delle più combattive e meglio armate dell’esercito russo, formata da soldati cosacchi, mongoli e siberiani, incuneatasi tra il dispositivo italiano e tedesco col proposito di aggirarli entrambi.
Fu al calar delle tenebre del giorno 6, quando il Col. Chiaramonti ebbe la certezza di essere sul punto di finire accerchiato, che ordinò di muovere in direzione dell’abitato di Nikitovka, che finalmente venne interamente occupato e subito trasformato in un vero e proprio caposaldo. <<Nessuno immaginava – scrive Don Traversa, il cappellano dell’80° nel suo libro Croce sul petto – che sarebbe rimasto così circondato per sei giorni, vivendo un’odissea molto dolorosa>>.
Incominciò così l’accerchiamento dell’80° che sarà caratterizzato da reiterati contrattacchi esercitati da entrambe le parti avverse e dal fuoco di cecchini appostati un po’ dovunque, sia contro civili che contro militari. Dal 7 al 12 novembre saranno giorni di fame, di insonnia, di freddo ma soprattutto di morte, giorni che i soldati dell’80° vivranno combattendo con stoicismo e sperando nell’arrivo di rinforzi, prima che la disponibilità delle munizioni e, soprattutto, del materiale sanitario e dei viveri venisse meno.
Nel frattempo iniziavano tra difficoltà inaudite i tentativi di sbloccare il reggimento dall’assedio, compiuti da forze della Pasubio e dai bersaglieri del 3° reggimento guidati dal Col. Caretto, tutti però destinati a fallire. E l’80° rimaneva accerchiato, con i suoi militari che continuavano ad essere isolati, soli a combattere.
Il giorno 12 il Col. Chiaramonti, comprendendo di non essere più in grado di resistere alla pressione dei russi, prese la decisione di uscire a qualunque costo da Nikitovka, approfittando anche della diminuita intensità della pressione del nemico anche lui sfinito dalla lotta dura e cruenta. Al crepuscolo, col favore delle tenebre e di una provvidenziale tempesta di neve, gli uomini dell’80°, esausti, affamati e coperti di fango, iniziavano lo sganciamento, portando al seguito 63 feriti posti su barelle improvvisate con teli da tenda fissati a bastoni. Con l’ultima compagnia del II battaglione stavano il Col. Chiaramonti e il suo Comando. Il reggimento al completo riuscì così ad affrancarsi dalla morsa dell’assedio e a rientrare a Gorlovka finalmente libero.
Legate ai fatti di Nikitovka sono alcune figure il cui ricordo resta indelebile: il fante siciliano Rosario Randazzo MOVM che, rimasto solo alla mitragliatrice e con il braccio destro asportato da una scheggia di mortaio, facendo appello alle sue ultime forze e a tutta la sua volontà continuò a far fuoco impugnando l’arma con la sinistra e premendo con i denti sulla leva di sparo, fino a quando venne colpito a morte; Juliana Andr, la donna ucraina che si era offerta volontariamente di andare al pozzo ad attingere acqua per lenire le ferite sperando che i russi la risparmiassero, ma fu uccisa da un cecchino e poi sepolta nel locale cimitero campale italiano insieme ai soldati che aveva cercato di aiutare; il S.Ten. medico Aldo Ruggerini, colpito a morte da un proiettile mentre stava prestando la sua instancabile opera a favore dei feriti.
L’occupazione di Nikitovka costò all’80° 68 morti, 206 feriti e 6 dispersi; i tentativi di sbloccare il reggimento dall’assedio costarono 62 morti, 347 feriti e 10 dispersi, in gran parte del 3° bersaglieri.
Alla bandiera del glorioso 80° reggimento fu conferita la prima medaglia d’oro (una seconda verrà concessa al termine della Seconda Battaglia Difensiva del Don e della drammatica ritirata), unico privilegio – durante tutta la Seconda Guerra Mondiale – di un reggimento che, nel volgere di breve tempo, riceveva per due volte la massima ricompensa al valor militare.
(testi tratti da A. Rati “LA FULGIDA EPOPEA DELLA DIVISIONE PASUBIO”, Ed. Sometti, Mantova, 2012)